I have no name,
I am as the fresh breeze of the mountains.
I have no shelter;
I am as the wandering waters.
.
I have no sanctuary, like the dark gods;
Nor am I in the shadow of deep temples.
I have no sacred books;
Nor am I well-seasoned in tradition.
I am not in the incense
Mounting on the high altars,
Nor in the pomp of ceremonies.
I am neither in the graven image,
Nor in the rich chant of a melodious voice.
I am not bound by theories,
Nor corrupted by beliefs.
I am not held in the bondage of religions,
Nor in the pious agony of their priests.
I am not entrapped by philosophies,
Nor held in the power of their sects.
I am neither low nor high,
I am the worshipper and the worshipped.
I am free.
My song is the song of the river
Calling for the open seas
Wandering, wandering,
I am Life.
I have no name,
I am as the fresh breeze of the mountains.
(Jiddu Krishnamurti)
---
Io non ho nome,
sono come la fresca brezza delle montagne.
Io non ho tettoia,
sono come l'acqua che scorre.
Io non ho santuario, come gli oscuri dèi;
Né mi nascondo nelle ombre di profondi templi.
Io non ho libri sacri;
Né ho un posto nella tradizione.
Io non mi trovo negli incensi
Che si levano da alti altari,
Né nel fasto delle cerimonie.
Io non ho immagini scolpite,
Né il ricco canto di voci melodiose.
Io non sono legato a teorie,
Né corrotto da credenze.
Io non sono intrappolato nel vortice delle religioni,
Né nella pia agonia dei loro preti.
Io non sono intrappolato nella filosofia,
Né vivo nel potere delle sue sette.
Io non sono né basso né alto,
Io sono il fedele e l'adorato.
Io sono libero.
La mia canzone è la canzone del fiume
Che chiama il mare aperto,
Vagando, vagando,
Io sono la Vita.
Io non ho nome,
sono come la fresca brezza delle montagne.
---
Il blog è da poco entrato nel suo quarto anno di vita!
La cosa è impressionante. L'altra sera mi sono messo a rileggermi i primissimi post che facevo qui. Mi è servito per ricordarmi un po' com'ero.
Ricordo anche molto bene quanto fossi scettico, quanto fossi convinto che questo blog sarebbe presto morto come qualsiasi altro stimolo auto-riflessivo tentassi.
Mettersi davanti a uno specchio e guardarsi dentro era qualcosa che mi faceva troppo male.
Credo che oggi non sarei la persona che sono, se non mi fossi mai messo qui, davanti al computer, a scrivere, a scrivere quello che sentivo prima di quello che pensavo, senza filtri, senza il timore di essere giudicato eppure sapendo che, forse forse, qualcuno dei miei amici sarebbe potuto passare a leggere, e quindi, a capirmi un po' meglio, o quantomeno a cogliere qualche segnale di fumo che io sono sempre stato troppo orgoglioso da inviare.
Scrivere, l'avevo già scritto da qualche altra parte, ti obbliga a dare un senso a quello che pensi.
Ti obbliga a dare un ordine ai tuoi pensieri.
Non importa se quando li hai scritti ti sembrano più piccoli, stupidi o insignificanti di quello che erano nella tua testa, perché in fondo le parole non sono altro che proprio quello, rimandi a qualche pensiero e concetto più grande che sta nella tua testa.
Per questo le parole sono importanti.
Sapere le parole giuste, saper parlare bene serve a pensare bene.
Oggi si fa tutto di corsa.
La società ti obbliga a correre, se vuoi vivere. Corri, se vuoi avere successo. Corri, se vuoi avere i soldi.
Mai che nessuno ti dica che puoi stare meglio se qualche volta fai attenzione a fermarti per ritagliarti dello spazio e del tempo per te.
La società dovrebbe lasciarti il tempo anche per altro: per guardarti dentro. Non lo fa, perché è una grossa perdita di tempo. E non produce utili. E allora appena proverai ad affacciarti vedrai un profondo e un po' inquietante buco nero e ritrarrai lo sguardo, avendo paura a guardarci dentro.
Ma non è solo questo. La gente pensa di non avere bisogno di prendersi questi momenti. Pensa che si possa stare benissimo anche senza. Un po' come dire "Non mi piace". Ma l'hai assaggiato? "No."
Ma se ci vuoi arrivare, vedrai che ci arrivi...
Il bello è quando ti guardi dentro e non solo non hai paura di farlo, ma sei anche felice di quello che vedi.
Ti conosci veramente. Lo fai attraverso un confronto con te stesso.
Prendi una decisione e mentre la prendi ti dici "Sì, cazzo, sì, è questo quello che voglio davvero", e ti entusiasmi, perché è qualcosa che hai imparato a fare, prima non era così, e l'hai imparato da solo.
Questo blog è stato ed è il muro di mattoni a specchio su cui vado continuamente a sbattere.
Buon virtual-compleanno, caro blog! :-)
venerdì 8 gennaio 2010
lunedì 4 gennaio 2010
In caso fosse solo una parentesi...
Non so se vi è mai capitato di girare per Roma di notte.
Non dico "di sera", dico proprio "di notte", quando c'è pochissima gente in giro, tutta a farsi i fatti propri.
Se vi dovesse capitare l'occasione, fatelo.
Sapete perché la chiamano "la Città Eterna"?
E' una cosa stranissima. Basta starsene un po' in silenzio e respirare quell'aria fresca. Sentirla nei polmoni.
Quel cielo nero ti fa sentire come in un'altra dimensione.
In una dimensione parallela.
Sì, perché davanti a te vedi il Colosseo illuminato, e dietro di te vedi delle casette degli anni '40 coi panni stesi sul palcone. Cammini un po' e intravedi tra gli alberi una chiesa gotica. Un altro po' e c'è l'insegna luminosa di una pasticceria notturna. Giri l'angolo e la fermata dell'autobus ed ecco il cancello di un magniloquente palazzo barocco.
E' straordinario.
Ti senti in mezzo a secoli di storia, di pensieri, di emozioni, di persone diverse, ma al buio della notte tutto sembra non avere età. Sembra che tutto sia lì, vivo. Ogni epoca, ogni casa, ogni monumento viene allineato in un solo tempo. Li vedi così, come se qualcuno avesse solo premuto il pulsante di pausa.
Io sono un... cultore di Roma di notte. Credo di aver fatto i chilometri a piedi, eh eh.
Stare sdraiati sul prato di Circo Massimo è bello. Stare sdraiati, alzare le mani e farsi scivolare il cielo viola tra le dita.
Quando intravedi le rovine di Parco degli Acquedotti sembra quasi che prendano quella vita che gli manca da qualche secolo.
Ma niente, davvero niente, batte il Colosseo.
Niente batte quel Colosseo poco prima di uno spettacolo.
Niente lo batte quando è illuminato, dopo uno spettacolo.
Noi stavamo lì seduti a guardarlo con quel brusìo di una città che non finisce mai e ci scaldavamo un po' quelle braccia smanicate dell'estate da quel soffio un po' più imprevedibilmente fresco. Mi piaceva svanire con te accanto. Con le tue braccia intorno a me e la tua guancia sulla mia.
Mi manchi tu.
Mi mancano i tuoi occhi e mi mancano le tue labbra morbide. E fresche.
Mi mancano i nostri baci e come mi hai insegnato che anche un bacio può essere fresco.
Nella tua semplicità tu mi stavi insegnando la vita, un dolore che fa bene provare. Mi facevi rimanere sveglio per mostrarmi la nostra alba insieme.
Eri così bella e così vicina che mi avevi reso cieco! E camminare con te per quelle strade e sentire quegli sprazzi di sax, di quell'uomo che si esercitava a fare quegli esercizi di sax in maniera sconnessa e discontinua, ogni tanto ci raggiungevano dei suoni, ma per noi era la musica della notte!
Tutto così, senza finti pudori. Senza finti pudori. Quella nostra "finzione" era ed è diventata più vera di quella che intorno a noi chiamavano la realtà ma che a me faceva vomitare.
Così doveva essere. Così mi piaceva. Così volevo che fosse.
E lo vorrei ancora!
Vivere la giornata sapendo che poco più in là ci avrebbe aspettati una forte emozione insieme. Le battute e gli applausi.
Sapere che è passato mi fa venire voglia di piangere.
Ma se ricaccio indietro le lacrime è perché ho più voglia di gridare che tutti quei giorni, tutti quegli attimi e quei momenti, per me erano e saranno l'eternità.
Anche se avevo giurato che sarebbe stata l'eternità e non l'ho fatto. Non ci sono riuscito.
Non posso perdonarmelo e non posso dimenticare l'ultima volta che mi hai baciato.
Quante cose ha cambiato quel diploma.
Non so nemmeno se io per te sono stato tutto questo. Probabilmente no.
E mi fa malissimo pensarlo.
Non perché... voglia essere "considerato" e "ricordato" da te.
Ma perché ora non posso più ricambiarti. Non posso ridarti indietro tutta la bellezza e tutte le risposte che ti devo. Mi hai lasciato qui a godermi una felicità che sarebbe reale solo quando divisa con qualcuno. Io volevo provare a viverla con te.
Darla anche a te.
Mi hai lanciato verso l'alto e io aspettavo di prendere la tua mano e portarti con me, tutto qui.
Così ti ritrovi a correre per l'aria di mezzanotte ed ecco che i tuoi sogni hanno un sapore diverso. Mai capitato, che un sogno avesse il sapore del fallimento?
Il palcoscenico mi manca. Mi manca da morire.
Quelle emozioni prima di calarci in un altro mondo, sapendo che sarebbe andato tutto bene perché comunque lì ci saremmo andati insieme.
E' il suono della gioia che mi manca, ma non c'è il tasto rewind per poterlo riascoltare. Quella voglia di cantare tutto il giorno.
E poi succede che ti guardi intorno e tutto gira così veloce. Le vite degli altri sembrano correre, correre, correre, mentre la tua rimane ferma. Solo la tua rimane ferma.
Continuo a starmene sul ponte, ovviamente di notte, e guardare i binari, aspettando che passi un treno, e rabbrividire al suono di quelle ruote sulle rotaie.
Il brutto è che una volta questo mi capitava solo d'estate.
Adesso è inverno.
Se solo potessi stringerti ancora...
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