mercoledì 21 settembre 2011

Colore N°1 - Nick Drake, Pink Moon

 Allora, allora,
è finalmente il momento di cominciare quel discorso sui "colori" di cui vi avevo parlato qualche post fa. Se ve lo siete perso o volete rinfrescarvi la memoria, cliccate qui.
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Il primo ricordo di cui ho bisogno di scrivere non è precisamente allegrissimo... ma è per forza il punto di partenza. :-)
La prima canzone della nostra playlist è in realtà un set di canzoni dell'album Pink Moon di Nick Drake.

Parliamo di un periodo piuttosto cupo nell'Inverno 2009. O forse era il 2008... boh!
Non è un caso che non mi ricordi con esattezza.
Credo di poter dire, a distanza di tanto tempo e senza incertezze, che quello è stato uno dei periodi più bui della mia vita fino a oggi.
Ero molto, molto giù. C'erano tante cose che andavano male, poche che andavano bene, molte che non andavano proprio. Ricordo che faceva molto, molto freddo, e che tutti i pomeriggi, in un'apaticità che oggi definirei preoccupante, mi mettevo a dormire sotto il piumone per un paio d'ore, per poi alzarmi sempre controvoglia, sospirando, chiedendomi cose del tipo quale fosse il senso di tutto questo, e bla, bla, bla.

Non starò a scrivere quali fossero i problemi di quel periodo, un po' perché ormai sono superati, un po' perché certe cose è meglio che rimangano chiuse in soffitta. Con le catene!!!

Il piumone era una scarsa difesa. Mi ricordo molto bene quella sensazione di freddo dentro e di freddo fuori. Credo di averla provata pochissime volte, della serie che si contano sulle dita di una mano. Quella volta, però, perdurava da giorni.
Faceva buio prestissimo, e la cosa non aiutava a farmi stare meglio, anzi, mi metteva di una malinconia devastante. Andavo alle lezioni all'università, e quelle erano delle poche cose che in qualche modo mi distraessero. Seguivo quasi per disperazione, un qualcosa a cui aggrapparmi per allontanarmi dalla testa quei pensieri tristi che ormai da troppo tempo la abitavano.

Un periodo orrendo. Non riuscivo a vedere niente di bello intorno a me, nonostante fossi circondato da persone che mi volessero bene. Col senno di poi, direi che si è trattato di una di quelle battaglie che devi vincere da solo.
Spesso il mio problema principale è stato la solitudine. Ne ho scritto nel blog ed è tutt'ora una delle cose che più riesce a sorprendermi, per quanto sia ampia.
Sentirsi di troppo, non sentirsi all'altezza, sentirsi fuori da un cerchio dove vorresti stare...
Sono problemi che sorgono dentro di te, e solo tu li puoi risolvere.
Contro questi colpi che vengono da dentro non esiste armatura: colpiscono sempre nel segno e dove fa più male.
Sono quelle occasioni in cui vieni davvero messo alla prova e dove deve venire fuori tutta la tua forza. Perché puoi tranquillamente scegliere di lasciarti abbattere.

Oppure puoi rimboccarti le mani e, sorretto unicamente dal pensiero che poi le cose andranno meglio - anche se in quel momento non ti sembra per nulla - ribattere colpo su colpo, riconquistare te stesso palmo dopo palmo.
Quantomeno, è una lotta che mi sono sentito di sostenere io, giorno dopo giorno, in quei giorni che erano davvero bui. Ma proprio bui-bui!!!
Si tratta un po' di una scelta di fede. Proprio perché in quei momenti non vedi la luce, non ti sembra che ci siano vie d'uscita. Ed è per questo che prima o poi qualcuno si lascia andare. Il punto è proprio lì, per vincere: ricordarsi che invece la luce c'è.
Forse la soluzione per non cadere è questa. Un po' come le pensioni!!! :-P
Quando provi un'esperienza felice, non lasciare che ti scivoli addosso, ma cerca di metterne da parte un pochino dentro di te, in una cassaforte.

Allora, in quei momenti più disperati, potrai aprire quella cassaforte e ricordarti che effettivamente di quel bene ce n'è e ci sarà sempre, se avrai voglia di riprenderlo. Se avrai voglia di rialzarti in piedi.

E non è mai facile.

Tante volte, per farmi forza in quei momenti, prima, mi dicevo: "Ma cosa vuoi che sia. C'è gente che sta male davvero, sta male di salute, sta male economicamente, non mangia, vive in guerra, senza familiari o senza nessuno che gli voglia bene. Tu, al confronto, stai benissimo..."
Ecco, credo che questa sia una cosa estremamente sbagliata.

Ognuno deve misurare i propri problemi solo in base a sé stesso.
Non esiste un metro unico per l'umanità, un metro per le emozioni e le sensazioni, un metro per le esperienze. Ognuno vive la sua vita in maniera unica e come solo tu potrai mai fare.
Forse parlo così perché ho questa convinzione da carosello che tutti siano unici, che tutti possano essere speciali, se lo vogliono.
So che in tanti scelgono l'altra strada.
Quella del "Tanto su sette miliardi di persone io sono solo una caccola... quello che non faccio io potrà tranquillamente farlo un altro..."
Ho profonda compassione e grande tristezza per queste persone, perché non combineranno mai niente nella vita: non "per il mondo", anche semplicemente "per sé stesse". Probabilmente sono quelli che non lotteranno e non si rialzeranno, perché non hanno capito che c'è qualcosa per cui lottare.
Ben più d qualcosa.

Anche "te stesso" è un qualcosa di validissimo per cui lottare, perché "te stesso", per te, è il mondo!!! La tua vita è tutto quello che hai!!! Senza, non ci sarebbero le cose brutte, è vero, ma neanche quelle belle, non ci sarebbero i colori, gli abbracci, i baci, le docce calde, le belle sensazioni...
Se non hai capito che anche solo una persona con tutte le carte in regola per cogliere il bello nel mondo è quanto di più prezioso ci possa essere (bisogna "allenarsi" per saper cogliere il bello, ma credo che TUTTI abbiano/abbiamo queste carte in regola) difficilmente avrai la voglia di lottare. Se non provi nemmeno a esserlo, figurati...
E anche nella situazione più disperata ci DEVE essere sempre voglia di lottare.
Perché per quanto male si mettano le cose, non ci sarà MAI un momento in cui TU verrai a mancare da te stesso.
TU ci sarai sempre, per te stesso.
Nei momenti belli, come nei momenti brutti. Li vivrai entrambi.
E TU sei un più che valido motivo per lottare. Sempre.
Senza LA TUA PERSONA non avrai niente. Neanche una cosa bella.
Ed è per la speranza delle cose belle, che nei momenti brutti devi stringere i denti, mordere, graffiare, dibatterti, e andare-avanti.

Sento la gente dire "noi siamo il cervello"??? Ma che cavolata è??? Noi siamo delle cose splendide in grado di provare e far provare emozioni.

Tutti questi discorsi, per cosa?
Insomma, facendola breve, mi ricordo che un pomeriggio buio e freddo, dopo queste due ore di sonno/letargo apatico pomeridiano, raggiungo una consapevolezza devastante.
Decido di volermi suicidare.
A oggi, quella decisione mi appare assurda e insensata.
Ma forse quel tipo di decisioni si basano proprio sull'assurdità e sull'insensatezza, su una disperazione che non si sa dove poggia, da dove può venire fuori e da dove può andare via.
Mi rendo conto che sia stata una decisione istintiva e che poi magari non avrei comunque fatto niente del genere.
Tra l'altro, me ne accorgo solo ora, non avevo MAI parlato a nessuno di questa cosa.
Ma a ogni modo, quello era il punto a cui ero arrivato.

Sapete quando si raggiunge quella sensazione di consapevolezza, no? Quello stato d'animo in cui semplicemente per te "è così". Uno stato d'animo che hai quando sei semplicemente sicuro e certo di qualcosa, quando hai accettato che qualcosa è così.
Si sono tirati i dadi e questi sono i numeri usciti. Non puoi tornare indietro a tirare ancora i dadi.
Amen.
Così è. Fine.
Brutto caderci, in questi casi...

Il discorso che facevo prima sui "problemi"...
So, come sapevo allora, che c'è gente che "sta peggio". Ma non per questo non devi rendere giustizia ai tuoi sentimenti e a quello che provi.
Ognuno ha fatto le sue esperienze di vita, ognuno ha vissuto la sua vita in un certo modo, ognuno ha vissuto in modo da arrivare a scelte differenti. Non ha poi molto senso pensare "Eh, ma c'è chi sta peggio" in relazione a te stesso e per risolvere i tuoi problemi, perché i tuoi problemi rimarranno, oh sì se rimarranno, e se li sottovaluterai non faranno altro che ingrandirsi alle tue spalle, mentre tu magari te ne stai in una mensa dei poveri a servire, credendo di fare del bene quando invece quel male dentro di te si fa sempre più forte.

Non è "mancanza di rispetto". Ognuno ha le sue sofferenze e per ognuno le proprie sofferenze sono (e devono essere) fondamentali per andare avanti. Sono pesi che devi scrollarti di dosso, sennò non puoi correre verso il tuo futuro, ma solo trascinarti con questi chili di merda che hai addosso.

Se ad un senzatetto la perdita di un amore non lo scalfisce più di tanto, perché deve trovare da mangiare per sopravvivere tutti i giorni, per chi mangia tre, quattro volte al giorno, ed è istruito e vestito, i problemi diventano semplicemente altri.

Dire "i problemi sono altri, nella vita" non rende giustizia: se una persona sta bene sotto certi aspetti, i problemi che ti toccano diventano semplicemente altri. Ma sono sempre problemi che ti tireranno giù finché non li molli.

Senza contare poi il discorso della sensibilità delle persone, un qualcosa che varia di grado e intensità di persona in persona. Per qualcuno la perdita di un amore può essere niente, per un altro la cosa più terribile che esista.

Ho sempre creduto - e credo ancora - che le persone "intelligenti" almeno una volta nella vita debbano aver pensato al suicidio.
Il suicidio non è altro che tutto l'opposto della vita, è la negazione più forte della vita.
Il dire: "No, non è possibile, la vita non può essere così, non me lo merito io, non se lo merita nessuno". La negazione più totale, il segnale più forte con cui si possa dire "non è giusto". "Ci meritiamo altro".
Se "vivere" è accettare consapevolmente (... ma mi viene da pensare, quanti fanno questa scelta consapevolmente? Sarà un altro discorso...) di prendersi sia il bello sia il brutto, "suicidarsi" è l'opposto di tutto questo.
"No".

E sono dell'idea che tutti debbano averla provata o debbano provarla semplicemente per la legge del pendolo. Si va verso l'alto e si va verso il basso. La vita è un'oscillazione continua, e ad un certo punto capita di arrivare nel punto più basso possibile. A terra.

A quel punto, o scavi, o ti dai un colpo di reni e risali.
Certo, c'è anche chi (come i suddetti...) decide di rimanere lì fermo...

Ma è una scelta tua. E la scelta è un bivio sempre alla tua portata: se sai cos'è il vivere, quando raggiungi il punto più basso e ti sembra di non avere più vie d'uscita, decidere di uscirne di tua scelta è una decisione che io, comunque, rispetto.
Rispetto, ma non condividerò mai. E poi mai.

Avevo insomma deciso di chiuderla lì. Tante cose storte, non facevo nulla per migliorarle, non ne avevo la forza, trascinandomi sempre più nell'abisso avevo anche deciso come fare.

Decido però di fare un'ultima cosa. Con addosso il tepore del piumone che lascia spazio ai brividi del freddo quando esci dal letto, accendo il computer e decido che, prima, mi sarei ascoltato l'album "Pink Moon" di Nick Drake.

Per chi non lo conoscesse, è un album speciale, suonato solo con una voce e una chitarra acustica, scritto da un personaggio un po' strano ma che ben sapeva cos'era la solitudine.

Non so ancora oggi del perché di quella scelta. Fino ad allora, quello era stato un album come un altro. Bello, intenso, ma non avrei mai pensato che potesse risultare "l'ultima cosa che avrei ascoltato". 

Faccio partire la prima traccia, ormai, temo, svuotato di qualsiasi potere.



I saw it written and I saw it say
Pink Moon is on it's way
And none of you stand so tall
Pink Moon gonna get you all
It's a pink moon
It's a pink, pink, pink, pink, pink moon...

Già dalla prima traccia entro in una strana intesa con quelle note. O forse è una sensazione di condivisione con chi quelle note le ha scritte. Una sensazione di sapere cosa voglia dire trovarsi sospesi su una stella, in una dimensione ultraterrena.

In quel momento ho capito che una connessione speciale mi univa a quella musica.
Mi sentivo perfettamente in linea con quella malcelata malinconia e quella triste voglia di esorcizzare i propri fantasmi. Nick Drake, lui, come metodo per provarci ha scelto di fiondarsi in uno studio di registrazione e cantare e suonare.
E in quel momento ho sentito che io e lui stavamo provando le stesse cose, stavamo provando le stesse sensazioni.

Passo alla seconda canzone, e sembra quasi un percorso obbligato.



And I was green, greener than the hill
Where the flowers grew and the sun shone still
Now I'm darker than the deepest sea
Just hand me down, give me a place to be

Mi sono sentito meglio, perché in quelle note ho sentito che non ero solo a provare quel tipo di orrenda sensazione. E questo mi ha fatto sentire meglio, non peggio.
Perché il mio problema è da sempre la solitudine.

Forse in quel "verde" ci ho visto per la prima volta del vero colore dopo tanto, tanto tempo.
Ed effettivamente mi sento abbastanza "darker than the deepest sea".
A sconvolgermi è a quel punto... quella richiesta così candida.
"Give me a place to be".
Nonostante tutto, nonostante tutti... un flusso di coscienza sincero, ricordi di quando lui (io?) era felice mi si riaffacciano nella mente dopo tanto (quanto?) tempo.
Eppure, anche quando ero felice e circondato da persone che mi volevano bene non sono stato in grado di fronteggiare la realtà, ed evitare che mi mettesse spalle al muro.
Una sensazione di inadeguatezza che torna a farmi visita, di tanto in tanto.

Forse ho sempre e solo voluto solo una guida, qualcuno che mi prendesse per mano e mi riportasse sulla giusta strada, appunto...



You can say the sun is shining if you really want to
I can see the moon and it seems so clear
You can take the road that takes you to the stars now
I can take a road that'll see me through
I can take a road that'll see me through

Difficile scrivere cosa vedo, da quella volta, ogni volta che sento questi arpeggi di chitarra.
Vedo una giungla buia, scura, foglie, liane, erba alta e umida, gocce che cadono dai rami più alti degli alberi. Eppure io sto andando avanti. E tutto si dirada. Gli alberi sono meno fitti, le foglie meno invadenti, l'erba non mi bagna più le caviglie, e più avanti vedo una bella radura soleggiata.

Forse è stato questo il vero punto di svolta. Il momento in cui ho capito che dovevo ripartire.
Quell'immagine rimarrà sempre lucidissima nella mia mente.
Non serve andare avanti a dire tutto il percorso che mi ha tirato fuori dal pozzo, traccia per traccia.
Ho continuato ad ascoltare quasi in uno stato di torpore, come ipnotizzato mentre sentivo della nuova linfa entrare in me. Linfa colorata, accesa...

Un'arcana serenità che non ho mai capito da dove sia venuta davvero.

Fino ad arrivare all'ultima canzone.


A day once dawned, and it was beautiful
A day once dawned, from the ground
Then the night she fell
And it was beautiful
Then the night she fell
All around


So look see the days
The endless coloured ways
And go play the game that you learnt
From the morning


And now we rise
And we are everywere
And now we rise, from the ground
And see she flies
And she is everywhere
See she flies, all around


So look see the sights
The endless summer nights
And go play the game that you learnt
From the morning

La conoscevo già, sapevo il testo, eppure arrivarci è stato un climax difficile da spiegare. Ma in quel momento non stavo ascoltando un cd, stavo seguendo e vivendo un percorso che una persona aveva tracciato prima di me, una persona che aveva provato le stesse conclusioni, e che adesso stava giungendo alla fine.
Trattenendo il fiato, come in ogni storia interessante che si rispetti, ero ansioso di scoprire il finale, quali sarebbero state le sue vere conclusioni.
Ecco...

Finalmente in grado di vedere una nuova alba. Finalmente l'aria è bellissima. Finalmente ci sono nuovi colori. Il candore, l'innocenza di Nick Drake mi prende per sempre. E se dovrò dire in futuro quale sia stata la musica più importante della mia vita, non potrò che dire... questa.
Perché mi ha insegnato tanto. E mi ha fatto ripartire.

Ragazzi, c'è sempre da provarci. Sempre da tirare avanti. Perché puoi fare di te un'arma di felicità. Se sai cos'è lo sporco, se sei sceso al punto più basso e ti sei macchiato, allora risalire renderà ancora più trionfale il tuo ritorno tra i forti. E una volta che hai visto il mostro più brutto, e una volta che l'hai sconfitto, che sfide peggiori possono esserci?

Da quella volta io mi sento ogni giorno una persona migliore.
Mi sento fortunato perché ci sono, e sento quasi il bisogno di trovare un qualcosa di nuovo che mi faccia dire "Sì, anche oggi la giornata ha avuto un senso".
Ogni giorno devo essere migliore di ieri, perché sennò non ha senso essere qua fermi. Dov'è la differenza con un sasso, sennò.

Non sempre è facile e non sempre sono del giusto umore.
Ma ormai ho imparato il meccanismo, e so bene che non lo fermerò mai.
Delle volte andrà più lento, altre volte più veloce.
Ragazzi, abbiamo davvero questo potere straordinario di decidere noi se la vita può essere bella o brutta. Dipende davvero tutto quanto da come vediamo le cose - e siamo noi a scegliere come vederle.
Lavoriamo tutti i giorni per essere persone più belle, più vive, apprezziamo, miglioriamo.
Lasciamo le cose meglio di come le abbiamo trovate.

Alla fine si torna sempre lì, il bello è fare qualcosa per gli altri!!! :-)
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... Wow!
Abbiamo appena concluso il primo colore, ed è stata un'esperienza divertente da scrivere.
Altri ne seguiranno, spero a breve, e alla fine di ogni post del genere riepilogheremo la mia playlist della vita... vediamo cosa viene fuori e se la mia colonna sonora faccia vomitare o meno!
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PLAYLIST DEI COLORI:
- Nick Drake, Pink Moon

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