Quanto mi dispiace per quelli che non capiscono. Davvero.
Lo spunto stavolta viene da una simpatica tipetta a cui l'altro giorno ho sentito di dover prestare un cd. Si trattava di "You Go Bird", di Petter Carlsen, un cantautore norvegese molto delicato che mi piace molto. Ho avuto anche la fortuna di incontrarlo e di farci due chiacchiere, ed è stato in quell'occasione che mi ha anche autografato il libretto del cd.
Per questo motivo non le posso lasciare il CD per sempre. Cioè. È più di un bel ricordo. Però ero anche convinto che quella musica le potesse proprio fare bene.
Insomma, in soldoni, le ho dato il cd ma le ho detto pure che doveva ridarmelo.
Lei però ha capito tutto subito, senza bisogno che le spiegassi niente.
"Ho capito: è un regalo emozionale, più che fisico".
Esatto, esatto. È sempre così, è davvero quello il punto, quando consiglio musica.
"Ti passo questa musica perché credo davvero che tu adesso dovresti poter provare queste sensazioni, perché adesso da qui potresti trovare tanti spunti..." e via così. Mica perché "Oh senti quant'è forte 'sta robba!!! Non vedo l'ora di impazzzzzire ballandola sui tettttttti in disco!!!"
Vivere e fidarsi delle proprie sensazioni è una cosa che ho imparato ascoltando musica, e non è affatto qualcosa che ho assimilato da molto.
Da un po' di tempo sto leggendo molto meno di prima. Non ricordo se l'ho già scritto qui: venivano sempre più spesso a galla situazioni in cui leggevo delle frasi e pensavo: "Ecco!!! Sì!!! Cacchio, è proprio così che la penso, tutta una vita a girare intorno a una sensazione ed ecco che me la ritrovo scritta in poche parole in maniera perfetta e concisa! Fantastico!!!", solo che poi rosicavo, perché ero arrivato alla "soluzione" tramite una scorciatoia e non da solo.
Un po' come quando prendi la tangenziale invece della panoramica.
Un po' come quando ci metti un'ora per escludere tutte le alternative all'indovinello per arrivare alla domanda che di solito fanno tutti subito: "Ma è stata assassinata da qualcuno?"
Invece, ho cominciato a guardare molti più film e telefilm.
Quelle sono belle storie, hanno espressioni, hanno musica, e non trovi scritte le frasi così nero su bianco: hai lo spunto che mischiato con te provoca una reazione... e poi la conclusione la trai tu.
Questo, e uscire molto di più con tante persone diverse. Mischiare gruppi di amici diversi - cosa che non avevo mai voluto fare prima.
Sono cose per me un po' strane, ma scopro che mi piacciono.
C'è una piccola cosa che in tutto questo non mi convince: sento di stare diventando molto più uguale agli altri di quanto non sia mai stato.
Ho sempre puntato tutto sulla mia unicità, e adesso anch'io guardo i telefilm che guardano gli altri, anch'io esco tutte le sere.
Credo di dovermi un po' ricollocare.
Non so se ci sto perdendo o guadagnando, in questo cambio.
Però sembra che mi piaccia, quindi siamo cautamente ottimisti.
È anche un periodo in cui sto capendo molte più cose su me stesso.
Credo di aver per esempio interpretato quel binomio imprescindibile che gira e rigira finivo sempre per ritrovare dentro di me.
Alterno momenti in cui sono una locomotiva, pigliopartoechimifermapiù, machihabisognodidormiretre-quattrooredisonnobastanoeavanzano, a momenti in cui sono riflessivo quasi fino alla passività.
Il punto è che io mi annoio presto. Qualsiasi cosa faccia, la lascio - cazzo - in sospeso così, quando mi pare. Non che poi non mi vergogni e non capisca che sto sbagliando, che le cose quando le cominci devi anche finirle, però oh, che ci devo fare, basta, non mi va più. Non parte più la scintilla. Non riesco a finire tutto in maniera meccanica, devo essere convinto.
In un altro post poco più giù ricordo di aver scritto di come a lungo mi sia sentito - e a tratti ancora mi senta - vulnerabile e autocritico.
Quest'altro binomio - sentirmi una merda in qualsiasi cosa mi cimenti / il bisogno di migliorare facendo sempre quanto più possa tirare fuori dalle mie capacità - mi consente spesso di finire col fare bei lavoretti, siano cose importanti o semplici regali di Natale, mi piace pensare che spesso ci prendo e che riesca addirittura a sfuggire alla banalità.
Però sì, ci sono quelle volte che mi rompo a metà e lascio perdere tutto.
Qual è la soluzione?
Ho capito di essere come un vampiro: mi cibo di emozioni, di spunti, di sensazioni, di parole, di occhi, di capelli, di idee, persino di versacci che uno fa quando si stiracchia.
Sono il mio carburante. Finché ne ho di fresche, vado avanti a palla di cannone.
Quando esaurisco il carburante, mi fermo.
E parto alla ricerca di nuovo carburante. Lasciando quindi in sospeso le cose che nel mentre stavo facendo.
Parto alla ricerca di altri spunti per ricaricarmi.
Per questo ho capito che, qualsiasi cosa vorrò fare nella vita, deve essere in grado di mettermi alla prova in maniera diversa, con dinamicità. Altrimenti sarò il primo a soffrirne.
E poi quanto mi dispiace per quelli che non capiscono.
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