lunedì 4 gennaio 2010

In caso fosse solo una parentesi...


Non so se vi è mai capitato di girare per Roma di notte.
Non dico "di sera", dico proprio "di notte", quando c'è pochissima gente in giro, tutta a farsi i fatti propri.
Se vi dovesse capitare l'occasione, fatelo.
Sapete perché la chiamano "la Città Eterna"?

E' una cosa stranissima. Basta starsene un po' in silenzio e respirare quell'aria fresca. Sentirla nei polmoni.
Quel cielo nero ti fa sentire come in un'altra dimensione.
In una dimensione parallela.
Sì, perché davanti a te vedi il Colosseo illuminato, e dietro di te vedi delle casette degli anni '40 coi panni stesi sul palcone. Cammini un po' e intravedi tra gli alberi una chiesa gotica. Un altro po' e c'è l'insegna luminosa di una pasticceria notturna. Giri l'angolo e la fermata dell'autobus ed ecco il cancello di un magniloquente palazzo barocco.
E' straordinario.
Ti senti in mezzo a secoli di storia, di pensieri, di emozioni, di persone diverse, ma al buio della notte tutto sembra non avere età. Sembra che tutto sia lì, vivo. Ogni epoca, ogni casa, ogni monumento viene allineato in un solo tempo. Li vedi così, come se qualcuno avesse solo premuto il pulsante di pausa.

Io sono un... cultore di Roma di notte. Credo di aver fatto i chilometri a piedi, eh eh.
Stare sdraiati sul prato di Circo Massimo è bello. Stare sdraiati, alzare le mani e farsi scivolare il cielo viola tra le dita.
Quando intravedi le rovine di Parco degli Acquedotti sembra quasi che prendano quella vita che gli manca da qualche secolo.

Ma niente, davvero niente, batte il Colosseo.
Niente batte quel Colosseo poco prima di uno spettacolo.
Niente lo batte quando è illuminato, dopo uno spettacolo.
Noi stavamo lì seduti a guardarlo con quel brusìo di una città che non finisce mai e ci scaldavamo un po' quelle braccia smanicate dell'estate da quel soffio un po' più imprevedibilmente fresco. Mi piaceva svanire con te accanto. Con le tue braccia intorno a me e la tua guancia sulla mia.
Mi manchi tu.
Mi mancano i tuoi occhi e mi mancano le tue labbra morbide. E fresche.
Mi mancano i nostri baci e come mi hai insegnato che anche un bacio può essere fresco.
Nella tua semplicità tu mi stavi insegnando la vita, un dolore che fa bene provare. Mi facevi rimanere sveglio per mostrarmi la nostra alba insieme.
Eri così bella e così vicina che mi avevi reso cieco! E camminare con te per quelle strade e sentire quegli sprazzi di sax, di quell'uomo che si esercitava a fare quegli esercizi di sax in maniera sconnessa e discontinua, ogni tanto ci raggiungevano dei suoni, ma per noi era la musica della notte!
Tutto così, senza finti pudori. Senza finti pudori. Quella nostra "finzione" era ed è diventata più vera di quella che intorno a noi chiamavano la realtà ma che a me faceva vomitare.
Così doveva essere. Così mi piaceva. Così volevo che fosse.
E lo vorrei ancora!
Vivere la giornata sapendo che poco più in là ci avrebbe aspettati una forte emozione insieme. Le battute e gli applausi.
Sapere che è passato mi fa venire voglia di piangere.
Ma se ricaccio indietro le lacrime è perché ho più voglia di gridare che tutti quei giorni, tutti quegli attimi e quei momenti, per me erano e saranno l'eternità.
Anche se avevo giurato che sarebbe stata l'eternità e non l'ho fatto. Non ci sono riuscito.
Non posso perdonarmelo e non posso dimenticare l'ultima volta che mi hai baciato.
Quante cose ha cambiato quel diploma.

Non so nemmeno se io per te sono stato tutto questo. Probabilmente no.
E mi fa malissimo pensarlo.
Non perché... voglia essere "considerato" e "ricordato" da te.
Ma perché ora non posso più ricambiarti. Non posso ridarti indietro tutta la bellezza e tutte le risposte che ti devo. Mi hai lasciato qui a godermi una felicità che sarebbe reale solo quando divisa con qualcuno. Io volevo provare a viverla con te.
Darla anche a te.
Mi hai lanciato verso l'alto e io aspettavo di prendere la tua mano e portarti con me, tutto qui.

Così ti ritrovi a correre per l'aria di mezzanotte ed ecco che i tuoi sogni hanno un sapore diverso. Mai capitato, che un sogno avesse il sapore del fallimento?

Il palcoscenico mi manca. Mi manca da morire.
Quelle emozioni prima di calarci in un altro mondo, sapendo che sarebbe andato tutto bene perché comunque lì ci saremmo andati insieme.

E' il suono della gioia che mi manca, ma non c'è il tasto rewind per poterlo riascoltare. Quella voglia di cantare tutto il giorno.
E poi succede che ti guardi intorno e tutto gira così veloce. Le vite degli altri sembrano correre, correre, correre, mentre la tua rimane ferma. Solo la tua rimane ferma.
Continuo a starmene sul ponte, ovviamente di notte, e guardare i binari, aspettando che passi un treno, e rabbrividire al suono di quelle ruote sulle rotaie.
Il brutto è che una volta questo mi capitava solo d'estate.
Adesso è inverno.

Se solo potessi stringerti ancora...

1 commento:

titti ha detto...

Ma si può?
Io rileggo il tuo blog dopo SECOLI (chissà poi perché?) e mi metto a piangere! Già, per quello che scrivi!
Già,fai quest'effetto!
bah.
penso che riprenderò la buona abitudine di passare sempre di qui...
e,oh,fatti sentire che mi sto preoccupando! spero che tu non sia stato inghiottito da qualcosa di gigantesco e terribile o.o