lunedì 15 gennaio 2018

(Forse, Norah Jones)

Mi fa così strano essere tornato a scrivere sul blog.
Essere tornato a scrivere, in generale. Pensavo di non poterne più essere capace, che fosse solo una cosa da diciannovenni, e invece eccomi qui.

Forse perché ho bisogno dell'energia e dell'autenticità di un diciannovenne. Come se il presente non avesse più grandi appigli da offrirmi, e per tornare a trovare qualcosa di me, di me da solo, che fosse davvero valida, devo tornare a quando scrivevo sul blog.

Mi sento completamente delegittimato, pieno di buchi. Come se prima invece potessi fare tutto, perché stavo con te. Tu tappavi tutti i miei vuoti, in qualsiasi situazione. Adesso invece sono tornato a essere un nulla, all'improvviso torno a sentire ogni singolo buco che diventa una puntura, e fa male.
Devo ricostruire me stesso da zero.

Mi sto impegnando molto, per farlo. Ma la cosa evidentemente va più per le lunghe di quanto sperassi.
Sembra un po' come saltare sul tappeto elastico. Tu ti sforzi, salti in alto, e poi la forza di gravità ti riporta giù. E stai male di nuovo. Ma non demordi: provi a saltare ancora, sperando, stavolta, di arrivare più in alto. Non succede. Torni giù. E continui a provare.
Forse un paio di volte credo di essere arrivato un po' più in alto, ma alla fine torno sempre giù.
La domanda è: la gravità esisteva anche prima, oppure no...?

Una pizza da Kofler



Questo brano lo stavo ascoltando più o meno un anno fa, un sabato, in una stanza d'albergo.
A Graziano serviva la casa di via Cadibona per il fine settimana, e io avevo dovuto sloggiare. Non era una coincidenza fortunata, perché venivo da tre giorni di febbre alta, nausea e diarrea, ma stavo guarendo. Per fortuna, quel giorno saresti venuta a giocare a Milano contro la Pro Patria, per cui tuo papà mi sarebbe venuto a prendere e saremmo andati insieme alla partita.
Sia la Lori che l'Isa erano infortunate, per cui avresti giocato la tua prima partita da titolare in B2... ma come opposto, invece che come banda.

Sono stato a lungo sdraiato sul letto della mia stanzetta con queste note, a riflettere.

C'erano appena state le prime avvisaglie di problemi tra noi, a capodanno. Nonostante dei giorni bellissimi fra SPA, Sirmione e Verona, qualcosa era successo e non poteva essere più un caso. Ero molto triste, e non riuscivo a individuare l'esatto perché. Sentivo di volere a tutti i costi raggiungerti, ma era come se non ne avessi la forza, la spinta per farlo. E volevo capire. Volevo che tu fossi felice. E volevo essere io a renderti tale.

Ho deciso in quel momento che avrei dovuto fare ogni sforzo possibile. Anche se ero stanco. Anche se avevo avuto una febbre sfiancante, da gestire solo soletto nella fredda Milano. Anche se già prendevo i treni tutte le settimane per venire e tornare da te. Non bastava, dovevo fare di più.

Quella partita la ricordo bene. Un entusiasmo grandissimo... tu che fai tanti punti, addirittura salvi tanti palloni. Eri fortissima. Ricordo io e tuo papà che ci guardiamo contemporaneamente e ci lasciamo andare agli entusiasmi, per te. Alla fine, scendo in campo e il sabato di riposo in albergo, invece che in treno, si fa sentire. Sento di potercela fare! Saluto tutti, saluto te, la più importante, e via in macchina verso casa, insieme.

Da diversi giorni torno a sentire questa musica. Non riesco a capire se ci senta più rassegnazione o più speranza verso un domani migliore, ed eventualmente in che direzione sia, questo domani.