giovedì 15 dicembre 2011

Midnight in Paris


Ieri sera sono stato a vedere Midnight in Paris, l'ultimo film di Woody Allen, e l'ho trovato - in una sola parola - delizioso.

Non sono uno di quei fan sfegatati di Allen, nel senso che ho visto qualche suo vecchio film, ma non l'ho mai seguito in maniera particolare.
Prima di proseguire: non credo di scrivere nessuno spoiler particolare, quindi potete tranquillamente andare avanti a leggere, se non l'avete visto e volete vederlo. Qualora mi accorgessi di stare scrivendo qualche cosa di rilevante ai fini della trama, ve lo segnalerò opportunamente... :-)

C'è questo Gil, scrittore di sceneggiature americane di successo, che si trova a passare del tempo a Parigi con la sua fidanzata Inez. Gil, innamorato di Parigi, sta provando a cimentarsi nella stesura di un romanzo, in cui il protagonista, da quello che ne sappiamo, è proprietario di un negozio-nostalgia, in cui vende oggetti vecchi di epoche addietro.
Una sera, la fidanzata se ne va a ballare con alcuni amici, e lui fa per tornarsene all'albergo, a piedi, vagamente alticcio.
Si perde per le strade di Parigi, e allo scoccare della mezzanotte viene passato a prendere da una macchina d'epoca. I suoi proprietari lo portano ad una festa dove conosce "Scott. Scott Fitzgerald."

Poco a poco, passa a conoscere anche Hemingway, Gertrude Stein, Picasso, Bunuel, Dalì, Degas, Gauguin, Eliot... si trova in qualche modo trasferito indietro nel tempo, proprio nella Parigi degli anni '20 da lui, americano del 2010, considerata "l'epoca d'oro".

E se nel "presente" non aveva fatto leggere a nessuno il suo romanzo, per l'incapacità di gestire le critiche, di fronte ad artisti di questo calibro si lascia andare. Fa leggere il libro alla Stein che gli consiglia di far volare un po' di più la fantasia: i mezzi li ha, ma l'artista non deve essere quello che si lascia andare alla paura della morte: è quello che trova la soluzione, si costruisce le ali per volare, trova il modo di tappare questo drammatico buco che ci si apre, dentro.

E Gil continua a girare Parigi, incontra quei grandi che oggi ammiriamo, si siede semplicemente al bar e parla con loro, delle sue turbe, dei suoi pensieri, delle sue emozioni, senza limiti o freni.
Il bello è che quelli, proprio perché artisti di livello, lo stanno ad ascoltare attenti. Sanno che è in quei momenti che nasce la creatività ed è di quei momento che, per primi, hanno massimo rispetto. A prescindere da chi abbiano davanti, se una persona che a malapena conoscono o uno scrittore che nulla ha a che vedere con le loro arti.

Ecco, uscito dalla sala mi sono chiesto che cosa mi fosse davvero piaciuto del film. E credo che mi abbia fatto impazzire questo ambiente, questa dimensione culturale in cui si conosce il valore di un'emozione pura, e la si rispetta al massimo, sia essa andata a realizzarsi in due parole scritte come in uno scarabocchio su una tela, in cui le stranezze passano in secondo piano, perché l'emozione vera è di gran lunga più interessante.

Ma c'è di più.
Credo ci sia in mezzo tutto il mio rapporto con l'Arte, la letteratura, la musica, la pittura, queste figure che ti ispirano e sono lì a portata di mano come persone qualunque.
E ancora la voglia di viaggiare, di andare lontano, nello spazio come nel tempo, perdendosi tra i ricordi di età che non si sono mai vissute.

E poi la storia d'amore...

Forse devo rivederlo.

Mugugni di piacere in particolare per tanti bei dialoghi.
Mi piacerebbe riportarne un paio, ma di andare a memoria, ovviamente, non se ne parla...
Gli altri li aggiungerò qua e là. Magari ci faccio proprio altri post. Devo decidere.

Gil: "Vedete, io in realtà... vengo dal futuro. Appartengo ad un'altra epoca. Eppure, contemporaneamente, mi trovo qui."
Bunuel: "E allora? Vivi in un mondo nella tua testa, e in un mondo che invece è il tuo presente. Non ci vedo niente di strano."
Gil: "Sì, ma questo perché tu sei un surrealista! Io sono una persona normale!"

Insomma, sapete che film vi consiglio di andare a vedere!

PS.
E mi ha fatto venire voglia di ballare un lento.

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